E' iniziato il nuovo anno scolastico, il terzo dell'era Covid, e la scuola italiana non sembra passarsela granché bene.
Partiamo dall'ormai annoso problema dei posti liberi non coperti: solo per quest'anno sono state autorizzate 112mila assunzioni in ruolo; un numero - a prima vista - enorme, ma gli addetti ai lavori sapevano (e ciò è stato dimostrato nei fatti) che la maggior parte dei posti non sarebbe stato assegnato per mancanza di aspiranti nelle graduatorie utili per i contratti a tempo indeterminato.
I posti rimasti, assieme a molte decine di migliaia di cattedre del cosiddetto "organico di fatto" o "in deroga", sono stati, pertanto, messi a disposizione per le supplenze annuali. Quest'anno il Ministero ha autorizzato, in piena estate (dal 10 al 21 agosto), una procedura nuova: la compilazione di una istanza on line, con indicazione di 150 sedi in cui aspirare a conseguire una supplenza. Una procedura lenta e farraginosa, che ha portato molti aspiranti a sbagliare.
Ma vi è di più: le scelte degli aspiranti docenti sono state date in pasto ad un algoritmo che avrebbe dovuto - in linea teorica - assegnare a ciascuno la preferenza migliore in base al proprio punteggio. Il condizionale è, però, d'obbligo, in quanto sui siti degli Uffici Scolastici di tutta Italia si sono susseguite - e continuano a susseguirsi - rettifiche su rettifiche. Evidentemente qualche bug nella scrittura del software ha portato ad assegnare i posti migliori ai docenti ultimi in graduatoria, lasciando i supplenti più anziani a bocca asciutta.
Nel frattempo, il legislatore propone nuovi concorsi o nuove procedure di assunzione straordinarie, riservati a chi ha lavorato come supplente, dimenticandosi di far partire il concorso ordinario, il cui bando è stato emanato l'anno scorso (eccezion fatta per le materie scientifiche, con un concorso organizzato in fretta e furia). Le assunzioni straordinarie - divenute ormai metodo ordinario di reclutamento - però prevedono requisiti ogni volta diversi; diventa impossibile, dunque, capire quali saranno le prossime regole che il Ministero vorrà applicare per selezionare i futuri docenti.
Ma, reclutamento a parte, chi vive la scuola dal di dentro (perché già assunto!) non sembra cavarsela meglio. Pare ormai normale, per esempio, discutere del rinnovo contrattuale alla scadenza del triennio di riferimento (tipico trucco dello Stato per risparmiare qualche euro). Ed è, ovviamente, la pandemia a dettare l'agenda della scuola negli ultimi tempi.
Nonostante il Coronavirus, però, le classi "pollaio" rimangono (sostanzialmente vietato sdoppiarle, quest'anno), i distanziamenti sono inesistenti (la distanza interpersonale di un metro può essere derogata se gli spazi a disposizione non permettono di fare altro), le mascherine utilizzate sono solo quelle chirurgiche (e non le ffp2), l'acquisto di sistemi di aerazione forzata è lasciato al buon cuore dei presidi, i mezzi di trasporto sono gremiti. Insomma, non c'è da stare allegri.
Per concludere, infine, c'è il paradosso del green pass: da esibire inizialmente solo per il personale in servizio, poi esteso ai genitori; nei primi giorni da scansionare uno per uno (con lunghe code all'ingresso delle scuole), poi attraverso una app ministeriale che velocizzerebbe le operazioni (ma ancora si segnalano problemi...); ma, nonostante ormai il vaccino sia previsto anche per i dodicenni, lo stesso green pass assolutamente non è richiesto agli studenti (il 90% delle persone che transitano - e stazionano per ore - in una scuola). Gli stessi studenti, poi, devono invece esibire il green pass per accedere a palestre o piscine al chiuso...
Insomma, anno nuovo, problemi vecchi irrisolti e problemi (relativamente) nuovi che non si è voluto affrontare: la solita strategia italiana del nascondere la polvere sotto il tappeto.
Buon anno scolastico a tutti!
(S.M.)